Riprendiamo un editoriale di Alessandro Pedone su www.aduc.it, Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori:
Ha ancora senso parlare di “valore” degli strumenti finanziari?
Negli incontri sui territori, immancabilmente, le domande sul concetto di “valore” sono sempre al centro dei dibattiti, specialmente adesso che la confusione nella percezione di “pericolo finanziario” la fa da padrona.
Tassi negativi, rendimenti azzerati e risparmi falciati da banche insolventi, investimenti che non rendono e denaro che non produce più denaro (per il comune cittadino, chiaramente…), Banche centrali che fanno “Quantitative easing” a turno da anni…
Il nuovo “normale” non corrisponde a quanto da noi vissuto, da sempre, dove i risparmi producevano interessi e la produzione di denaro ex nihilo era meno evidente, gestita in modo molto meno spregiudicato.
Adesso molte cose sono in tv, sui giornali, sul web, alla luce del sole, ma molte persone non dispongono del bagaglio culturale per interpretarle; se lo avesse riclassificherebbe molte cose del passato e del presente, nonché ripianificherebbe il suo futuro economico non sulla base del denaro, o meglio non solo su quello.
E allora dov’è il valore? Nel nostro lavoro, nei beni e servizi che produciamo: non si crea ricchezza stampando denaro. Noi pensiamo che il futuro si regga, e molto, sui reali “veicoli di valore” che sono proprio i beni e servizi da noi generati, all’interno di relazioni di scambio che salti il denaro convenzionale.