L’economia della condivisione richiede la maturazione di un approccio sostanziale alla costruzione di rapporti comunitari. In una epoca in cui la comunicazione di ciò che facciamo conta più di ciò facciamo, il problema principale consiste nel riuscire a condividere una nuova visione in modo non superficiale con altri attori.
Ciò significa che pur essendo aumentate le opportunità di interconnessione, è fortemente peggiorata la qualità dell’impegno sociale e delle relazioni, in cui gli approcci superficiali alle novità che ci vengono incontro sono ormai una costante e raramente si riesce a trovare una adesione ad una visione che non sia soltanto dichiarata.
In relazione a ciò, vi invitiamo alla lettura di questo interessante articolo pubblicato sulla rivista “Impresa Sociale”, da cui estraiamo questa efficace definizione del termine “Visionari”:
“E infine i visionari; le “minoranze profetiche” che hanno la capacità di avviare e sviluppare percorsi di innovazione di rottura (disruptive innovation), o perché orientati da leader forti e carismatici, o perché fondati su modelli che rispondono al concetto di “we rationality”, la “razionalità del noi”, meccanismi comunitari – diversi da quelli tradizionalmente messi in atto – che in una prima fase di avvio possono anche non trovare sul mercato un riscontro in termini di pricing, ma non per questo non sono in grado di rispondere ad una domanda emergente. Si tratta di realtà che fanno del cambiamento sistemico il fine ultimo del proprio agire, che viene perseguito anche destrutturando la dimensione di servizio”.
Una definizione in cui ci rispecchiamo fedelmente.