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I consumi delle famiglie sono ancora lontani dal periodo pre-crisi (29 miliardi in meno). Ma i costi fissi e del lavoro non calano. Così i punti vendita di quartiere continuano a chiudere a tutto vantaggio dei grandi centri commerciali

Inizia in questo modo l’analisi di Confesercenti che leggete qui.

È una sfilza di segni meno, l’ elaborazione di Confesercenti per Libero sulla spesa degli italiani. La federazione di categoria ha assistito alla chiusura di 25mila 469 negozi in quest’ anno che volge al termine.

Purtroppo questo è ormai percepito come un percorso ineluttabile, con la sua ben nota conseguenza: da proprietari di una attività, impresa, azienda o libera professione verso un futuro da sottoposti stipendiati, con tanto di pettorina della grande marca/multinazionale sul petto.

In fondo anche l’accanirsi contro la piccola impresa, in ogni modo (tasse, regolamenti scritti appositamente per favorire le grandi aziende ecc..) è ben visibile anche a coloro che fino a ieri non lo avvertivano, seppure in Paese di PMI come l’Italia sembri quasi impossibile. Al punto che chiudere un attività è divenuta una “liberazione”, ieri era una sconfitta. Alzi la mano chi non ha sentito varie volte racconti di questo genere.

Assomiglia molto al passaggio storico che ha portato la moneta, da essere di proprietà del portatore, a divenire debito verso l’emittente del simbolo monetario, unico autorizzato ad emetterlo: allo stesso modo, da proprietario della propria professione (e del proprio “valore”) si va a divenire debitori/dipendenti verso il datore di lavoro, unico  soggetto rimasto ad organizzarlo sul cosiddetto “mercato”.

Questa continua erosione a 360 gradi delle fondamenta sociali va contrastata con la consapevolezza che è possibile organizzare forme di società molto più umane, equilibrate e felici su base locale, partendo proprio dalle relazioni umane (non a caso tanti filosofi indicano le relazioni umane durature come la vera fonte di una vita felice) che non fanno chiudere i negozi, specialmente grazie a  sistemi comunitari di scambio;  continuare così ad essere giustamente proprietari, non debitori/dipendenti, di se stessi.